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TRATTAMENTO DELLE LESIONI CAROTIDEE ASINTOMATICHE

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TRATTAMENTO DELLE LESIONI CAROTIDEE ASINTOMATICHE Il problema delle placche carotidee , che ai giorni nostri vista la maggior informazione sulla prevenzione ( mediante ecocolordoppler TSA) si riscontrano molto più frequentemente rispetto al passato , non è solo di tipo diagnostico ma prevalentemente terapeutico. Molto frequentemente ci troviamo di fronte a pazienti portatori di placche carotidee ma completamente asintomatici , è qui che la scelta dell’opzione terapeutica potrà portare benefici non nell’immediato ma nel futuro. Dopo la cardiopatia ischemica e il cancro , la prima causa di morte accertata è lo stroke. Per stroke o ictus (sin. apoplessia , attacco apoplettico , colpo apoplettico),  si intende un evento vascolare cerebrale patologico, con conseguente perturbazione acuta della funzionalità encefalica, focale o generalizzata. Per lesione carotidea asintomatica si intende una placca carotidea che non abbia causato disturbi neurologici , la diagnosi viene fatta mediante ecocolordoppler TSA , angio RM TSA o Angio TAC TSA. Ai giorni nostri , in cui lo stile di vita è notevolmente cambiato rispetto al passato , è opportuno sottoporsi , anche in assenza dei fattori di rischio che vedremo di seguito , ad un ecocolordoppler TSA ( Tronchi sovra aortici) verso i 35 aa. Successivamente a seconda del referto  e dei fattori di rischio individuali si potrà programmare o una terapia curativa , una terapia preventiva , l’esecuzione di ulteriori esami diagnostici o un cambiamento dei fattori di rischio modificabili. I principali fattori di rischio per cui è utile sottoporsi ad un esame TSA sono: Ipertensione , obesità , famigliarità , dislipedimie , diabete , fumo di sigaretta , sedentarietà. In corso di esame ecografico si è dimostrato che le caratteristiche della placca carotidea che espongono maggiormente ad ictus siano : la percentuale di stenosi , la morfologia ( max se presenza di ulcere o disomogeneità interne). Fino a pochi anni fa l’unico criterio che definiva un trattamento medico o chirurgico era il grado di stenosi che doveva essere superiore al 75% per dover intervenire con un ‘operazione sulla lesione. Ad oggi come già precedentemente accennato si valutano altri criteri quali la morfologia della e quindi la presenza di escavazioni , assottigliamento del cappuccio fibroso , ecogenicità. Alcuni autori associano il rischio emboligeno alla presenza di microemboli , unicamente valutabili mediante un doppler transcranico. In presenza di una placca e di un paziente con determinate caratteristiche , una volta modificati i fattori di rischio , la prevenzione si attua mediante l’uso di antiaggreganti ( ASA o clopidogrel). L’uso degli ASA è tutt’ora controverso e recenti nuovi pareri propendono per una maggior efficacia del Clopidogrel. In generale i criteri per selezionare pazienti ad alto rischio sono : progressione della stenosi nel tempo , anamnesi con episodi di ictus o TIA , emorragie intraplacca , instabilità della lesione. Dal punto di vista chirurgico si può dire che una lesione che non superi il 60% di stenosi senza presentare particolari caratteristiche morfologiche della placca debba essere trattata unicamente con una terapia farmcologica. Per definire quando una placca necessiti di un trattamento chirurgico la variabili da considerare sono essenzialmente 3 : il paziente , la placca , il tipo di intervento. Il Paziente: i risultati migliori si hanno con pazienti di sesso maschile giovani( 50/60 aa) che presentino lesioni in evoluzione nonostante la terapia farmacologica e la modifica delle abitudini di vita non idonee. Ricordiamo sempre che il 30/40% delle lesioni carotidee si associa a lesioni coronariche , che andrebbero comunque trattate. Da notare che la lesione carotidea va sempre trattata in modo prioritario rispetto ad altri interventi la cui buona riuscita sarebbe negativamente condizionata dalla presenza della placca. La placca: E’ ormai assodato che non si trattano (tranne particolarissimi casi) chirurgicamente placche con stenosi inferiori al 60%. La diagnostica moderna riesce pero a definire quando una placca sia vulnerabile e quindi pericolosa anche in assenza di un quadro neurologico chiaro. Le caratteristiche della placca sono quelle già menzionate in precedenza : localizzazione , estensione , ecogenicità , superficie , aderenza alla parete vasale e presenza di neovascolarizzazione. L’intervento: Generalmente lo stenting ( dilatatore da porre in corrispondenza della placca con metodica endovasale) è da utilizzarsi unicamnete quando la procedura aperta ( endoarteriectomia carotidea) non sia effettuabile per il rischio  di complicanze. L’endoarteriectomia carotidea è un intervento eseguibile in anestesia locale che non compromette minimamente le capacità cardio/respiratorie/renali del paziente. Le contrindicazioni sono invece rappresentate da stenosi distali , lesioni controlaterali di nervi cranici , collo non in condizioni ottimali per l’intervento ( pregresse patologie o operazioni chirurgiche) , irradiazioni cervicali , infezioni , condizioni morfologiche particolari. Concludendo si può  dire che l’ecocolordoppler TSA è un esame non invasivo e consigliabile dai 35 aa di età. In caso di riscontro di una placca per definire una strategia terapeutica sia questa medica , di modifica dello stile di vita o chirurgica oltre all’importanza della placca in se con tutte le sue caratteristiche , riveste ulteriore interesse lo stato del paziente e le sue abitudini.
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INTOLLERANZA AI SOLFITI – TEST GENETICI

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INTOLLERANZA AI SOLFITI TEST GENETICI

CONSERVANTI ALIMENTARI

I solfiti sono sostanze utilizzate fin dall’antichità come conservanti. I Romani e gli egizi impiegavano il biossido di zolfo per ripulire dai batteri i tini dove fermentava il vino.Tuttavia il loro utilizzo è diventato imponente solo dal secolo scorso in concomitanza con le nuove esigenze alimentari dettate dallo sviluppo del sistema industriale. Solfiti e derivati vengono oggi utilizzati in gran quantità in numerosissimi cibi allo scopo di mantenere la loro colorazione naturale e  impedire la crescita di microorganismi , ottenere lo sbiancamento dove necessario e perfino nella produzione di cellophane per i cibi confezionati ; ancora per prevenire la ruggine e le incrostazioni delle caldaie e sono anche usati nei farmaci per prolungarne l’attività terapeutica. Possono quindi essere fonte importante di solfiti: il vino e le bevande alcoliche , i prodotti da forno come il pane , i biscotti , i crackers , la frutta secca , le marmellate , le gelatine , gli sciroppi , i succhi di frutta , il pesce , i crostacei , i molluschi , gli hot dog , le salsicce , le conserve specie sotto spirito , le patate e i prodotti derivati come patatine surgelate , purea , chips , le conserve di pomodoro , le caramelle , le merendine confezionate , alcuni farmaci.

ATTENZIONE ALLE SIGLE SULLE ETICHETTE DEI CIBI:  E220 – E221 – E222 – E223 – E224 – E225 – E226 – E227 INDICANO LA PRESENZA DI SOLFITI O DERIVATI NELL’ALIMENTO.

INTOLLERANZA DA SOLFITI

Negli individui sani , alle dosi comunemente impiegate nell’industria alimentare , l’anidride solforosa è considerata un additivo sicuro ; si tratta infatti di un composto naturale prodotto anche dal nostro organismo durante  il metabolismo di alcuni amminoacidi e facilmente inattivato dai sistemi di detossificazione endogeni. Nonostante questa sicurezza l’uso di anidride solforosa ed i solfiti possono arrecare problemi , a volte gravi , alle persone predisposte. Il contatto dei solfiti alimentari con l’acidità gastrica genera una certa quantità di anidride solforosa , che rappresenta uno dei gas più efficaci nell’indurre attacchi di broncospasmo nei soggetti sensibili. Sono particolarmente esposti al rischio di subire questo genere di reazioni anche persone allergiche all’aspirina. In soggetti predisposti , anche quantitativi modesti , possono scatenare serie conseguenze; purtroppo è molto difficile stabilire quanti solfiti ingeriamo o inaliamo; per legge non è obbligatorio indicare la loro presenza se il quantitativo è inferiore a 10 mg/kg o lt. Tutto ciò rende fondamentale la conoscenza preventiva della tollerabilità o meno di questi conservanti.

CONSEGUENZE SULLA SALUTE

I danni da solfiti possono: Causare reazioni allergiche od allergie con manifestazioni respiratorie: riniti , orticarie , dissenteria , asma. Provocare alterazioni vitaminiche: anidride solforosa e solfiti distruggono la Tiamina e Cianocobalamina due vitamine molto importanti.. Appesantire il sistema detossificante con conseguenti emicranie. Interagire con farmaci cortisonici  

IL TEST GENETICO PER INTOLLERANZA AI SOLFITI

Il test genetico è di facile esecuzione , non doloroso e non invasivo e prevede il semplice prelievo della saliva. Vengono analizzate 4 mutazioni del gene SUOX Solfito Ossidasi ( Q364X , S370S , S370Y , TAGA) e 2 del gene CBS ( C699T , T1080C) coinvolte nell’attività di detossificazione dei solfiti nel nostro organismo. Tali polimorfismi , provocando carenze importanti tra cui quella della vitamina B12 ed uno squilibrio nel metabolismo dell’omocisteina ematica , vengono anche associati ad un rischio ridotto di insorgenza di patologie coronariche. In caso di SUOX e CBS alterati è utile evitare oltre ai cibi contenenti solfiti anche alimenti ricchi di zolfo , alcuni integratori  , nonché monitorare con cautela alcuni farmaci utilizzati come antiipertensivi , antibiotici o chelanti.  

INTOLLERANZA ALLA CAFFEINA – TEST GENETICO

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INTOLLERANZA ALLA CAFFEINA

Una tazzina di caffè è un’abitudine a cui molte persone non possono rinunciare. Ma è veramente salutare per tutti? Partiamo dal principio che la caffeina è un alcaloide con numerosi effetti sull’organismo: la sua conformazione chimica la rende idonea ad interagire con specifici recettori che regolano la funzionalità del sistema cardiovascolare , endocrino e nervoso favorendo il rilascio di due importanti ormoni l’adrenalina e la noradrenalina , facilitando l’aumento del metabolismo corporeo , della frequenza cardiaca , della pressione arteriosa e degli atti respiratori. Recenti studi hanno ampliato le conoscenze sulle interazioni della caffeina mettendone in evidenza ulteriori ruoli.

CAFFEINA E SALUTE

Un importante recente studio pubblicato sul Journal of the American Medical Associaton ha monitorato 4000 persone di cui 2000 reduci da infarto miocardico. Tenendo in considerazione tutti gli altri fattori si è evidenziato come le persone a metabolizzazione lenta di caffeina fossero associate ad alto rischio di infarto che aumenta proporzionalmente alla dose. “Il pericolo di infarto cresce del 36% in metabolizzatori lenti e si arriva fino al 64% per i forti consumatori di caffeina. Il rischio raddoppia se l’età è inferiore a 59 anni e quadruplo se inferiore a 50.Chi invece presenta la versione del gene associata a rapido metabolismo della caffeina risulta protetto dal rischio di infarto. Altri studi correlano invece la caffeina con fertilità e gravidanze. Questi studi hanno dimostrato che le donne con il gene codificante il metabolismo lento della caffeina hanno un rischio maggiore di aborti e di ridurre la loro fertilità mentre quelle a metabolizzazione veloce non corrono questi rischi consumando la stessa quantità di caffè.

CAFFEINA NASCOSTA

Contrariamente a quanto si creda  un caffè lungo , sebbene sia meno denso , contiene più caffeina di quello normale e ancor più di quello ristretto. Ritroviamo la caffeina oltre che nel caffè anche in altre bevande ( cioccolata , tè , bevande energizzanti , Coca Cola ecc…) inoltre oggi sempre più frequentemente viene utilizzata in barrette dietetiche  , prodotti erboristici , cosmesi anticellulite , e in altre specialità acquistabili liberamente. I dati medi di contenuto di caffeina sono : per una tazza o una lattina di tè circa 20-30 mg , una cioccolata 10 mg , una lattina di Coca Cola  40 mg e una bevanda energizzante 80 mg.

IL TEST GENETICO DELLA CAFFEINA

Il test  è una semplice ed accurata prova genetica indolore e non invasiva ( prelievo salivare ) per verificare se una persona abbia una metabolizzazione lenta o veloce della caffeina. La caffeina è metabolizzata nell’organismo dall’enzima Citocromo p450 1A2. Ogni persona possiede due coppie del gene CYP1A2. Sono due le varianti del gene che riguardano la metabolizzazione della caffeina. Gli individui che posseggono due coppie dell’allele CYP1A2*1A sono metabolizzatori veloci della caffeina , mentre soggetti che presentino anche un solo allele CYP1A2*1F sono metabolizzatori lenti. Gli individui che metabolizzano lentamente la caffeina devono monitorare la dose quotidiana , se la consumano in modo importante ( 2/3 tazze al giorno) possono avere effetti negativi fra cui l’aumento del rischio di infarto miocardico.

Chi deve effettuare il test?

Tutti i consumatori di caffè o bevande contenenti caffeina. Le donne con abortività ricorrente che non abbiano trovato una causa. Chiunque voglia trarre vantaggio dai recenti studi scientifici per mantenersi in buona salute.

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