Archivia per settembre, 2013

IL POTERIUM SPINOSUM E LA BERBERINA: L’INSULINA VEGETALE

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IL POTERIUM SPINOSUM E LA BERBERINA: L’INSULINA VEGETALE

di VLADIMIRO COLOMBI

Il Poterium spinosum, nota anche come Pimpinella spinosa (o in Toscana come spina porci) è un arbusto perenne appartenente alla famiglia delle Rosacee alto tra i 30 e i 60 cm di origine medio orientale (Libano in particolare) usato tradizionalmente in quelle regione geografiche per la prevenzione il trattamento del diabete e dei disturbi legati alla glicemia. Cresce prevalentemente nell’Europa australe, in Grecia, in Dalmazia, a Cipro, Creta, Siria, Libia e Tunisia, ma anche in Italia nelle regioni aride, come per esempio alcune aree della Sardegna e della Sicilia. Storicamente sono sempre stati i beduini a utilizzarla come antidiabetico conoscendo le virtù ipoglicemizzanti. Tra queste popolazioni infatti è stato osservato, come in passato è spesso accaduto per altre grandi scoperte (omega 3 e infarto per la popolazione esquimese, curry e Alzheimer per gli indiani etc…etc…) che le popolazioni berbere che ne facevano largo uso, pur nutrendosi con un alimentazione ricca di carboidrati e zuccheri, avevano un’incidenza bassissima di malattie diabetiche. I beduini infatti sono ancora oggi soliti cuocere le radici di questa pianta a lungo per poi sorseggiarla nel corso della giornata. In questo modo riescono a mantenere un livello di zuccheri basso nel sangue evitando i ben noti “picchi glicemici” nel corso della giornata. In Italia è ancora oggi poco nota nonostante oramai le più recenti ricerche abbiano ben chiarito quale sia il funzionamento del suo principale principio attivo: la berberina. Il primo medico ad utilizzarla nel nostro paese è stato il dr. Luigi Oreste Speciani, che ha lasciato una grande eredità nel mondo della medicina naturale (con particolare riguardo ai suoi studi in merito al cosiddetto “uomo integrato”, che ha messo in luce la relazione  e l’interferenza tra l’ambiente e l’uomo e la cui opera ad oggi rappresenta un pilastro della psicosomatica). Fu lui ad ottenere i primi risultati importanti attraverso l’uso del poterium spinosum. La berberina si trova non solo nel poterium spinosum, ma anche in altre piante, una delle quale è l’Hydrastis canadensis, una pianta utilizzata in fitoterapia anche per le infezioni delle vie urinarie. Nel 2010 è stato lanciato un allarme in merito al suo impiego per un sospetto rischio di trombosi venosa, ma non vi è stato seguito a tale notizia e ad oggi è normalmente commercializzata in varie formulazioni. La sua azione è sinergica con la silimarina, il principio attivo contenuto nel cardo mariano, una pianta autoctona molto attiva nella prevenzione della steatosi epatica e nelle intossicazioni del fegato. E’ stato osservato che in caso di sindrome metabolica (quando cioè pressione alta, colesterolo alto e zuccheri elevati si combinano) la sua potenza aumenta se associata al cardo mariano. Recenti ricerche su di essa hanno dimostrato come sia in grado di ridurre i trigliceridi, i rischi di aterosclerosi e abbassare l’infiammazione sistemica, vero target della ricerca mondiale in questo momento. Tuttavia, è possibile che non sia la sola berberina ad avere questa azione ipoglicemizzante, ma piuttosto un pool di sostanze in essa contenuta. Un chimico tedesco Aiman Kuzbari aveva raccolto molte prove sulle possibili azioni e i meccanismi di funzionamento della pianta, ma purtroppo i suoi appunti  sono andati perduti dopo la sua morte. Egli riteneva che fossero più di uno i principi attivi responsabili dell’azione ipoglicemizzante della pianta, e che tra essi ve ne fosse molto facilmente uno in grado  le isole di Langherhans, le cellule danneggiate nella malattia diabetica. Oltre a queste funzioni il poterium spinosum è noto stato impiegato per la sua azione vasodilatatrice periferica e corononarica, antiipertensiva e antiaritmica, dimostrandosi pertanto molto duttile per la protezione della salute nell’età senile, ma soprattutto dai numerosi danni che la malattia diabetica produce a carico dell’apparato cardiovascolare. Si tratta di una pianta della quale non sono mai stati osservati effetti collaterali, che in forma di decotto  può essere usata al dosaggio di 20 grammi per litro d’acqua, ma che può essere utilmente impiegata anche in forma di tintura madre.

SONDAGGIO N.4: INTERVENTI CHIRURGICI PREVENTIVI

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L’ERRORE CHE SI COMMETTE IN QUESTI CASI E’ DARE PIU’ IMPORTANZA AL SINTOMO ATTUALE RISPETTO AL RISCHIO CHE IL PROTRARSI DI UNA CONDIZIONE PUO’ PROCURARE. UN ESEMPIO SEMPLICE E BANALE SONO LE VENE VARICOSE DEGLI ARTI INFERIORI. DI PER SE LA PATOLOGIA POTREBBE ESSERE ASINTOMATICA E VALUTATA UNICAMENTE DAL PUNTO DI VISTA ESTETICO , IN REALTA’ PUO’ ESPORRE A COMPLICANZE BEN PIU’ GRAVI COME LA TROMBOFLEBITE >  TROMBOSI VENOSA PROFONDA > EMBOLIA POPLMONARE. PERTANTO IN QUESTO , COME IN ALTRI CASI , UN INTERVENTO IN ANESTESIA LOCALE PUO’ ELIMINARE IL RISCHIO DI CONTRARRE COMPLICANZE GRAVI ANCHE IN PRESENZA DI UNA PATOLOGIA ASINTOMATICA.

INTOLLERANZA ALLA CAFFEINA – TEST GENETICO

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INTOLLERANZA ALLA CAFFEINA

Una tazzina di caffè è un’abitudine a cui molte persone non possono rinunciare. Ma è veramente salutare per tutti? Partiamo dal principio che la caffeina è un alcaloide con numerosi effetti sull’organismo: la sua conformazione chimica la rende idonea ad interagire con specifici recettori che regolano la funzionalità del sistema cardiovascolare , endocrino e nervoso favorendo il rilascio di due importanti ormoni l’adrenalina e la noradrenalina , facilitando l’aumento del metabolismo corporeo , della frequenza cardiaca , della pressione arteriosa e degli atti respiratori. Recenti studi hanno ampliato le conoscenze sulle interazioni della caffeina mettendone in evidenza ulteriori ruoli.

CAFFEINA E SALUTE

Un importante recente studio pubblicato sul Journal of the American Medical Associaton ha monitorato 4000 persone di cui 2000 reduci da infarto miocardico. Tenendo in considerazione tutti gli altri fattori si è evidenziato come le persone a metabolizzazione lenta di caffeina fossero associate ad alto rischio di infarto che aumenta proporzionalmente alla dose. “Il pericolo di infarto cresce del 36% in metabolizzatori lenti e si arriva fino al 64% per i forti consumatori di caffeina. Il rischio raddoppia se l’età è inferiore a 59 anni e quadruplo se inferiore a 50.Chi invece presenta la versione del gene associata a rapido metabolismo della caffeina risulta protetto dal rischio di infarto. Altri studi correlano invece la caffeina con fertilità e gravidanze. Questi studi hanno dimostrato che le donne con il gene codificante il metabolismo lento della caffeina hanno un rischio maggiore di aborti e di ridurre la loro fertilità mentre quelle a metabolizzazione veloce non corrono questi rischi consumando la stessa quantità di caffè.

CAFFEINA NASCOSTA

Contrariamente a quanto si creda  un caffè lungo , sebbene sia meno denso , contiene più caffeina di quello normale e ancor più di quello ristretto. Ritroviamo la caffeina oltre che nel caffè anche in altre bevande ( cioccolata , tè , bevande energizzanti , Coca Cola ecc…) inoltre oggi sempre più frequentemente viene utilizzata in barrette dietetiche  , prodotti erboristici , cosmesi anticellulite , e in altre specialità acquistabili liberamente. I dati medi di contenuto di caffeina sono : per una tazza o una lattina di tè circa 20-30 mg , una cioccolata 10 mg , una lattina di Coca Cola  40 mg e una bevanda energizzante 80 mg.

IL TEST GENETICO DELLA CAFFEINA

Il test  è una semplice ed accurata prova genetica indolore e non invasiva ( prelievo salivare ) per verificare se una persona abbia una metabolizzazione lenta o veloce della caffeina. La caffeina è metabolizzata nell’organismo dall’enzima Citocromo p450 1A2. Ogni persona possiede due coppie del gene CYP1A2. Sono due le varianti del gene che riguardano la metabolizzazione della caffeina. Gli individui che posseggono due coppie dell’allele CYP1A2*1A sono metabolizzatori veloci della caffeina , mentre soggetti che presentino anche un solo allele CYP1A2*1F sono metabolizzatori lenti. Gli individui che metabolizzano lentamente la caffeina devono monitorare la dose quotidiana , se la consumano in modo importante ( 2/3 tazze al giorno) possono avere effetti negativi fra cui l’aumento del rischio di infarto miocardico.

Chi deve effettuare il test?

Tutti i consumatori di caffè o bevande contenenti caffeina. Le donne con abortività ricorrente che non abbiano trovato una causa. Chiunque voglia trarre vantaggio dai recenti studi scientifici per mantenersi in buona salute.

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