Archivia per gennaio, 2014

CARATTERISTICHE DELLA PLACCA CAROTIDEA IN CORSO DI ECOCOLORDOPPLER TSA

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CARATTERISTICHE DELLA PLACCA CAROTIDEA IN CORSO DI ECOCOLORDOPPLER TSA.

L’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici risulta ad oggi la metodica gold standard come primo studio e successivo follow-up delle placche carotidee. In modo non invasivo si rilevano informazioni sull’asse arterioso carotideo e vertebrale in modo da attuare strategie di stile di vita , farmacologiche o chirurgiche al fine di prevenire importanti patologie come l’ictus. Risulta quindi evidente quanto lo studio della morfologia della placca carotidea risulti essenziale nel definire il grado di rischio di una lesione. Una placca , anche se non determina un’ostruzione di grado elevato può risultare ecograficamente instabile causando per esempio emorragie intra luminali. Le placche che necessitano di trattamento sono quelle che determinano stenosi nell’ordine del 75% del lume vascolare o che risultano particolarmente ipoecogene. Nella classificazione delle placche si potrà fare riferimento alla scala di Gray-Wale : Tipo 1 : Placca ipoecogena omogenea. Tipo 2: Placca a maggior componente ipoecogena. Tipo 3: Placca a maggior componente iperecogena. Tipo 4: Placca iperecogena omogenea. Tipo 5: Placca Firbocalcifica , iperecogena con cono d’ombra. Ricordiamo che le placche possono cambiare nel tempo le loro caratteristiche ecografiche e conseguentemente la loro pericolosità. La linea generale è che placche ipoecogene siano a maggior rischio delle iperecogene. Il problema in realtà risulta più complesso poiché fenomeni di fissurazione e rottura risultano in stretta correlazione con i componenti della placca stessa ( tipo di cellule , enzimi e mediatori chimici prodotti). Ad oggi esistono dei metodi computerizzati , quindi teoricamente in grado di annullare la variabilità operatore dipendente , per valutare alcuni parametri carotidei e renderli riproducibili e quindi confrontabili nel tempo. Né è un esempio la misurazione dello spessore della media e dell’intima , le due tonache più interne della parete della carotide. Un loro ispessimento sembra favorire lo sviluppo della placca. Si è vista inoltre una correlazione fra aumento dello spessore ( IMT) e stenosi della coronarie , le arterie deputate all’irrorazione del cuore. Pertanto lo studio riproducibile dell’IMT risulta essere un reperto predittivo su cui poter effettuare realmente prevenzione. La misurazione viene fatta automaticamente dall’apparecchiatura dotata di softwere dedicato e misura lo spessore della media e dell’intima a livello della carotide comune a una distanza fissa dal bulbo , in diastole e per un tratto di almeno 1,5 cm eseguendo varie misurazioni e dandone poi una media. Attualmente è possibile avvalersi di altra metodica che sempre in modo automatico misura la rigidità della parete carotidea (QAS). Questa metodica risulta altamente predittiva per patologie cardiovascolari.

ANGIOGENESI E TUMORI

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ANGIOGENESI E TUMORI

a cura di  Nicole Capelli M.D.

Il fenomeno dellʼ angiogenesi è importante in molte situazioni come lo sviluppo embrionale e a livello dellʼapparato riproduttivo femminile (il follicolo ovarico che matura ogni mese è irrorato da nuovi vasi che nutrono la cellula uovo; analogamente la proliferazione della mucosa uterina durante il ciclo mestruale si accompagna a un fenomeno di angiogenesi fisiologico per accettare lʼeventuale cellula uovo fecondata). Nellʼadulto , a parte lʼapparato riproduttivo femminile, non cʼè angiogenesi, a meno che non si presentino situazioni patofisiologiche come lʼinfiammazione o patologiche come nel caso di ogni processo di riparazione tissutale. Ci sono poi alcune patologie in cui il fenomeno angiogenetico contribuisce allo sviluppo della patologia stessa, ad esempio nella retinopatia diabetica, nelle ulcere, nella psoriasi ed in particolare nel tumore. In generale, lʼangiogenesi riguarda il microcircolo, cioè quel distretto che è compreso tra le arteriole e le venule, a livello capillare. Con lʼangiogenesi si formano nuovi vasi del microcircolo che originano da vasi preesistenti. Questa particolarità la distingue dalla vasculogenesi, nella quale la rete vascolare si forma a partire da precursori endoteliali che vanno incontro a differenziamento, ciò che avviene durante lo sviluppo embrionale (allʼinizio non ci sono vasi per cui non avviene angiogenesi ma si formano vasi da precursori endoteliali per vasculogenesi). Nei tumori prevale il fenomeno angiogenetico ma non si esclude la vasculogenesi. Come avviene il fenomeno dellʼangiogenesi? Questo vale sia in condizioni fisiologiche che patologiche, supposto che i meccanismi scatenanti possono essere diversi. Vediamo il processo a tappe: ‐Vaso preesistente quiescente: lʼendotelio poggia sulla membrana basale e i periciti lo attorniano; ‐Inizia lʼangiogenesi in seguito a stimoli angiogenetici; ‐Le cellule endoteliali, in seguito a questi stimoli, iniziano a secernere enzimi litici che degradano la membrana basale e lo stroma della matrice extracellulare perivascolare; Questi enzimi possono essere metalloproteasi, collagenasi, glicosidasi ecc e determinano la perdita di integrità del vaso. La cellula endoteliale si apre così un varco nella matrice e da qui inizia un fenomeno di migrazione in senso chemotattico di queste cellule verso la fonte dello stimolo angiogenetico; si forma un gettone endoteliale costituito da cellule endoteliali migranti nella porzione più anteriore, (fronte di migrazione) e nella porzione retrostante cellule in grado di proliferare che permettono una continuità tra il vaso preesistente e il gettone che sta avanzando nella matrice extracellulare. Il gettone è solido, privo di lume, per cui non sta scorrendo sangue, è solo unʼestroflessione del vaso. Questo fenomeno ovviamente riguarda più cellule endoteliali per cui abbiamo più gettoni che danno origine a una rete endoteliale nel momento in cui entrano in contatto tra loro; Quando i gettoni endoteliali entrano in contatto smettono di migrare e si passa da questa prima fase invasiva alla seconda fase morfogenetica, in cui le cellule endoteliali si appiattiscono. In questo modo avremo la formazione del lume per il nuovo vaso e le cellule endoteliali inizieranno a deporre matrice extracellulare per formare la nuova membrana basale; infine, attraggono periciti. Riassumendo gli steps: – degradazione della matrice da proteasi – migrazione e invasione – proliferazione – morfogenesi – maturazione Questi valgono per tutti i processi angiogenetici. Concentriamoci ora sui tumori. Judah Folkman è stato probabilmente il primo ad affermare e a spingere sul concetto che lʼangiogenesi è fondamentale per la crescita del tumore; Il suo esperimento più famoso è stato quello in cui utilizzò la cornea di conigli albini, in cui impiantò biopsie di tumori umani; Egli osservò che: 1) impiantando una biopsia tumorale allʼinterno della cornea avascolare di un coniglio nel giro di qualche giorno avveniva un processo angiogenetico; 2) solo dopo il processo angiogenetico la massa tumorale iniziava a crescere, andando ad occupare tutto lʼocchio del coniglio. Nelle prime fasi di sviluppo del tumore questo si trova generalmente in una situazione definita di DORMIENZA, in cui la massa neoplastica non scompare ma non progredisce, in quanto le cellule più a stretto contatto con il vaso ricevono i nutrienti e proliferano, mentre quelle più distanti dal vaso vanno incontro a necrosi per via della mancanza di nutrienti. Quando il tumore inizia a stimolare la formazione di nuovi vasi, si va incontro allo SWITCH PROANGIOGENETICO (produzione di stimoli angiogenetici);sarà con la costituzione di nuovi vasi e quindi con lʼapporto di sostanze nutrienti a tutte le cellule che la massa tumorale inzierà a crescere in senso neoplastico. Come fa il tumore ad attivare lo switch proangiogenetico? Producendo fattori angiogenetici che sono: fattori di crescita, chemochine, citochine. Quello che sembra giocare un ruolo determinante è il VEGF (vascular endothelial growth factor) ma vengono prodotti anche altri fattori: bFGF, TNF, TGF alfa e beta e anche le citochine infiammatorie prodotte localmente, come la prostaglandina E2, determinano risposta neovascolare. Il nostro organismo è in grado di produrre anche fattori ANTI‐ANGIOGENETICI: es endostatina, angiostatina, frammenti delle proteine della matrice extracellulare, trombospondina. Di fatto cʼè un equilibrio tra fattori pro‐ e anti‐ angiogenetici in condizioni normali. La rete vascolare che si forma a livello del tumore non è organizzata, e per questo motivo avremo che parte delle cellule del tumore andranno continuamente in necrosi (sono quelle lontane dai vasi) mentre altre continueranno a proliferare. Di fatto allʼinterno dello stesso tumore ci sono subcloni cellulari con capacità angiogenetiche diverse e questo concorre a capacità di crescita diverse. I pazienti con tumori scarsamente vascolarizzati presentano una sopravvivenza maggiore. Si deduce quindi che la vascolarizzazione determina lʼinvasività del tumore. Il primo farmaco autorizzato anti-angiogenetico era costituito da anticorpi monoclonali anti‐ VEGEF. Oggi viene utilizzato in combinazioni ai farmaci antitumorali classici poichè la sua efficacia non è elevata. Perché non funziona bene? 1) Il tumore non produce solo VEGF ma anche tante altre molecole proangiogenetiche per cui un farmaco anti‐VEGF non blocca lʼangiogenesi. 2) Le cellule tumorali si adattano molto facilmente, per cui possono vivere anche in condizioni di carenza di ossigeno che sarebbero letali per la cellula di un tessuto normale.  

Angiogenesi

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